Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
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Torna ancora il tema della via: come il verso "dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via", ora, dopo l'intervento di "cura" divino, che ci può aprire gli occhi alla fede all'amore assoluto mediante l'ascesi, può iniziare il percorso mistico: quindi la via non è più "di turbamenti", ma "porta all'essenza", cioè a Dio stesso. Percorrere assieme vuol dire percorrere una via, come quella di un pellegrino. Il pellegrinaggio è l'immagine di un'ascesi spirituale, ecco perché i pellegrinaggi e le imprese similari, soprattutto quelle più impegnative attirano ancora oggi migliaia di fedeli. E una via va appunto percorsa. Ricordiamo ancora una volta Cristo quando dice «Io sono la via, la verità e la vita» [Gv 14,6]). La verità e la vità è appunto l'essenza, la via è ciò che porta all'essenza, cioè Cristo stesso. Cristo ci porta al Padre per la sua via.
Osserviamo come nel verso precedente in cui nella nostra via si incontravano turbamenti, ora nella via di Cristo, si incontra l'essenza: un capovolgimento totale. E' il tema sempre attuale della conversione: con-versione appunto vuol dire cambiare orientamento, cambiare via. "percorrere le via che portano all'essenza" è un percorso ascetico (la via) e mistico (l'essenza) allo stesso tempo.
Il verso sul piano poetico è sintesi sublime di mistica ricerca, ma anche di affettuosa promessa di Dio: un Padre amorevole che ci prende per mano e percorre insieme a noi la via per condurci a lui stesso: può sembrare contraddittorio, eppure senza il suo aiuto non possiamo percorrere la sua via.
Nella tradizione biblica l'uscita dalla schiavitù d'Egitto del popolo ebraico è simbolo dell'uscita dallo stato di peccato dell'uomo; Questo avviene precisamente con l'accompagnamento di Dio che percorre idealmente la via insieme al suo popolo amato (immagine dell'uomo mistico). "(il) SIGNORE Dio vostro che vi ha fatti uscire dal paese d'Egitto e vi ha liberati dalla casa di schiavitù, per spingerti fuori dalla via per la quale il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha ordinato di camminare. Così toglierai il male di mezzo a te." [Dt 13,5]. Più in la nello stesso Deuteronomio è più esplicita l'azione redentrice, segno che la parabola della "fuga d'Egitto" dell'intero popolo d'Israele, non è soltanto presunta rievocazione di un evento storico, ma piuttosto immagine di un ascesi spirituale di tutti gli uomini: "ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha redento" [Dt 15,15]. Lo stato da cui si è "redenti" (cioè salvati) è lo stato di schiavitù; schiavitù dal peccato.
L'essenza è l'essere assoluto, Dio stesso. Dire "Dio esiste" è un concetto superficiale, che non dice nulla su Dio. Dio, nelle Scritture, non dice mai di se stesso "Io esisto". L'esistere è un concetto legato ad oggetti, animali, uomini: tutti enti fisici legati allo spazio e al tempo. Ma Dio non è legato allo spazio e al tempo. Egli ci porta a superare le correnti gravitazioni: non è esistenza, è essenza. "Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!»" [Es, 3,14], reso in ebraico con il noto tetragramma YHWH. "Io sono l'essenza dell'essere" dice il Signore. il problema dell'essere è il nodo centrale di tutta la metafisica, e per i metafisici l'essenza di tutta la filosofia [Metafisica].
Un contrasto attraversa tutto il verso: "percorreremo assieme" esprime un concetto dapprima semplice, terreno, che rievoca banalmente l'immagine di un padre che accompagna il figlio per la strada o per un sentiero. La seconda parte invece è diametralmente sublime, mistica, metafisica: "le vie che portano all'essenza", l'essenza è Dio stesso, "colui che è". L'essere è ciò che distingue l'uomo da tutto il resto dalla materia per la semplice ragione che è creato a immagine di Dio, che è appunto l'Essere. Con la Creazione Dio trasmette questa essenza dell'essere all'uomo: non lo fa in un momento storico come una lettura superficiale della Genesi potrebbe suggerire [DEROSA]; lo fa ontologicamente, spiritualmente, fuori dal tempo e dallo spazio, oppure, se si vuole, ogni giorno, ogni istante in tutti noi.
Vediamo brevemente come questa "essenza" si manifesta in Gesù.
Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono» [Gv 8,58]; in questo contesto "prima di Abramo" vuol dire "prima dell'inizio dei tempi" oggi diremmo "dall'eternità, fuori del tempo". Ancora: "«Ve lo dico fin d'ora [...] affinché [...] voi crediate che io sono»" [Gv 13,19] .Questi «io sono» esprimono la stessa essenza del tetragramma YHWH, il nome sacro, ineffabile, inpronunciabile di Dio. In altre occasioni Gesù esprime di lui la stessa dignità del Padre: «il Padre è in me e che io sono nel Padre» [Gv 10,38]. Quando le guardie del tempio vengono ad arrestarlo Gesù "uscì e chiese loro: «Chi cercate?» Gli risposero: «Gesù il Nazareno!» Gesù disse loro: «Io sono» [...] Appena ebbe detto loro: «Io sono», indietreggiarono e caddero in terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?» ; dissero: «Gesù il Nazareno». Gesù rispose: «Vi ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi»" [Gv 18,4-8]. Al di la del significato più immediato per cui Gesù asserisce di essere proprio il Nazareno che cercavano, c'è qui un altro significato più profondo di quel «Io sono»: ossia non soltanto «sono proprio io» ma anche «io sono l'essere», proprio come sul monte Sinai. Qui, però, c'è uno stravolgimento della storia: mentre sul monte Sinai Mosè è invitato a togliersi i sandali in quanto al cospetto di Dio, qui Gesù verrà invece condannato, umiliato e crocefisso: al suo cospetto non c'è nessuno che si toglie i sandali, ma uomini armati che lo arresteranno; ma essi difronte a quel' «Io sono» indietreggiano e cadono a terra: questo spiega il senso profondo di quel' «Io sono». C'è un parallelismo e una polarità fra le due storie. Il loro forte contrasto, sarà superato solo con la Resurrezione, in cui il Figlio mostrerà la sua gloria.
[8] Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. | [10] I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi, la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi. |
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